Vite scolpite su pagine di carta
ingiallita, macchiata,
dal profumo antico di colla,
buono come il pane
che la nonna spalmava di burro e amore.
Chioccia premurosa raccoglieva i suoi pulcini.
Era l’ora della merenda.
Intenta, divoravo pane e pagine incrostate
di zucchero e una dopo l’altra
lacrime salate scendevano,
Beth era morta e io ero stravolta,
briciole attaccate alle guance
fradicie di pianto.
Sergente di ferro, mia madre,
mi spingeva giù dalla nuvola.
Era l’ora di cena.
Un odioso odore di minestra
investiva il mio olfatto distratto
da pensieri di carta e inchiostro:
Jo fiera aveva tagliato i capelli,
unico vanto, come sacrificio d’amore.
Le guardavo come si guarda
la vita da dietro una vetrata.
Mago dai mille incanti, mio padre,
rimboccava coperte e sicurezze.
Era l’ora di dormire.
I miei occhi vagavano febbrili
tra parole dai contorni sbiaditi,
Silenzioso Sonno giungeva improvviso,
Casa March chiudeva le imposte.
Troppe ore da passare per
ritornare a vivere davvero.
Era l’ora di sognare.
fluido e musicale, il testo intreccia due emozioni: quella dell’autrice che rivive le prime, emozionanti letture, quella del lettore che sbircia la vita di quella e ne avverte la consistenza attraverso gli odori – di colla, di zucchero, di briciole inumidite di pianto giù fino a quello dell’odiosa minestra – sì da immedesimarvisi e accompagnare volentieri, con spirito paterno, la “piccola” Rosalia fin sotto le coperte.
Là, la vita che ha consistenza di sogni, si prende una pausa e lascia il campo ai sogni che hanno consistenza di vita.
Molto bella.
Grazie Vlad, bellissima recensione. Continua a seguirmi