Se al bar una mattina invece della solita parola bisillaba, riferita senza preamboli, pronunciassimo una frase simile: «Per cortesia, gradirei mi servisse un caffè» come reagirebbero il barista e gli altri clienti? Probabilmente con una sonora risata.
Niente risulta artefatto quanto un dialogo innaturale. Nel dialogo narrativo la questione da mettere in luce è proprio questa: come creare un dialogo che non risulti finto e innaturale?
Una premessa necessaria
La sequenza dialogica è molto importante in un racconto, permette alla storia di procedere speditamente, talvolta di decollare. Se organizzato bene, il dialogo assolve al compito di mostrare la storia e scongiura gli infodump, cioè gli eccessi di informazioni, repellenti infallibili per qualsiasi lettore. Se scritto male, invece, ottiene l’effetto contrario e può distruggere in poche battute il nostro capolavoro. Il dialogo è l’elemento più complesso della narrazione, purtroppo senza apparire tale. Sarà per questo che molti autori v’inciampano miseramente?
Il dialogo perfetto
Riuscire nell’intento di creare il dialogo perfetto è un esercizio di scrittura da manuale: il dialogo perfetto mantiene tutte le imperfezioni date dalla spontaneità, senza essere scorretto o inutile quanto invece il linguaggio parlato, nelle svariate occasioni.
Le persone vere, infatti, spesso parlano tanto per dar fiato alla bocca, dicono cose che non hanno molto senso; altre volte riferiscono informazioni futili o addirittura superflue. Capita spesso, poi, che tra una parola e l’altra alcuni mettano lunghe pause, che sbaglino la costruzione sintattica della frasi, che smorzino le parole, etc…
Nel dialogo narrativo, capite bene, questo non può accadere: le frasi devono essere corrette, organizzate nella maniera migliore a livello sintattico; le parole, quelle giuste, evocative e dense di significato, la punteggiatura esatta.
Nello stesso tempo però, i personaggi devono parlare come parlerebbero nella realtà e nel loro ambiente e non come eroi e cicisbei di un romanzo del ‘500!
Come fare?
Prima di tutto si tratta di costruire personaggi ben caratterizzati che abbiano dei tratti psicologici riconoscibili e un modo di pensare che il lettore abbia potuto mettere a fuoco al momento della presentazione. A tali personaggi si devono mettere in bocca frasi precise e necessarie, quelle cioè che solo ciascuno di loro può pronunciare e non altri, in quel determinato momento.
Il lettore leggendo un dialogo serrato, un “botta e risposta”, deve poter comprendere chi pronuncia le parole anche senza ricorrere ad altre informazioni.
Per verificare di aver centrato l’obiettivo, facciamo leggere il dialogo a un esterno. Se a ogni battuta riconoscerà chi parla, avrete superato brillantemente la prova.
Un secondo aspetto è l’appropriarsi dei propri personaggi, di averli in pugno e sapere esattamente come farli esprimere verbalmente, senza incongruenze. È fondamentale che ogni personaggio si esprima secondo il proprio livello culturale e la propria condizione ambientale. Questo non giustifica mai, però, un uso eccessivo dello “slang”, della forma dialettale e del turpiloquio. Ogni eccesso, si sa, colma presto la misura e la pazienza del lettore non è illimitata.
Il terzo consiglio è leggere il dialogo a voce alta, più volte. Di solito già alla prima lettura, le magagne escono fuori. La lettura a voce alta è molto efficace per sentire che le parole sono finte, innaturali e artefatte. In un dialogo simile, il lettore percepisce che l’autore ha scritto sotto condizionamento, come se “un terzo occhio” assistesse alla scena. Infatti il dialogo verosimile è talmente naturale da dare al lettore l’impressione che i personaggi si esprimano liberamente.
Infine è consigliabile ispirarsi al dialogo cinematografico, di un film d’autore, s’intende, e non al dialogo delle soap che è pieno di odiosi cliché.
Qualche esempio?
– Martin: Indovinate come si chiama la coppia inglese?
– Julien: James Bond? Mc Donald’s?
– Martin: Bovery. Lui si chiama Charles e lei Gemma, qui in Normandia dove Flaubert ha scritto Madame Bovary.
– Valérie: Io preferisco i Tre Moschettieri
– Julien: Io Call of Duty.
– Martin: Io preferirei ti drogassi piuttosto che dire certe cazzate. (dal film Gemma Bovery)
Ecco un piccolo estratto esilarante in cui i personaggi introducono nella scena i protagonisti e l’ambientazione. Dopo queste poche battute concise, si viene a conoscenza di come si chiamano lui e lei e dove sono andati a vivere. Se in un film ciò risulta importante, nella narrativa è fondamentale, perché il lettore non può contare sulle immagini e si affida all’autore come un cieco che prenda a braccetto un normovedente.
Anna – Hai paura?
Smilzo – Sì
Anna – Di me?
Smilzo – Sì, e nessun coraggio sarà bello come questa paura. (Il giorno prima della felicità di Erri De Luca)
In questo estratto dal libro di Erri De Luca, il piccolo dialogo ha la naturalezza della verità; conserva il tratto poetico che è proprio della storia e in quattro battute restituisce al lettore un’immagine soave. Per mettere a punto dialoghi perfetti, potete infine leggere i racconti di Carver e di Hamingway, maestri di sobrietà comunicativa.
Allora amici, siete pronti per scrivere un vero dialogo? Esercitatevi con la traccia numero dieci (qui).
Buon lavoro!
790 parole
#dialogo #racconto