La solitudine dello scrittore

Gli inglesi hanno due termini per definire lo stare da soli: Solitude, soli per scelta,  e Loniless,  solitudine imposta e sofferta.

Quest’ultima è un tipo di solitudine che conduce a  credere di non valere niente per nessuno, una dimensione in cui si sperimenta la vera infelicità.

Per scongiurare questo tipo di solitudine, se ci pensiamo bene,  si coltiva la dimensione familiare e, al di fuori della famiglia, si stringono  conoscenze e amicizie. Persino il ricorso ai social media e alla comunicazione online, per molti è un tentativo di prendere parte a una comunità.  Una constatazione amara:  in un mondo iperconnesso ci si sente più soli di quando le principali occasioni di aggregazione non erano virtuali ma fisiche.

Tutt’altro tipo di solitudine è quella dello scrittore. Non è imposta, né sofferta, se mai è una scelta consapevole per salvaguardare la propria creatività.

L’attività letteraria, secondo Nadine Gordimer, è la più solitaria delle occupazioni, pari a quella del guardiano del faro.  D’altra parte, ogni arte, compresa quella letteraria, si nutre della solitudine e del vivere appartati. Pensiamo al pittore di fronte a un paesaggio o allo scultore mentre scolpisce. Nel momento in cui l’artista crea,  attinge a una sfera interiore e immaginifica estranea a quella reale. Qualsiasi interferenza esterna finisce per scalfire lo stesso atto creativo.

Lo scrittore inventa, progetta e racconta  senza interagire per ore,  vivendo gran parte del suo tempo  ai margini della vita sociale, su un  pianeta parallelo a quello in cui gli tocca di stare.  Se vuoi iniziare l’avventura dello scrivere devi amare la solitudine.

Elogio della solitudine

All’aperto,  la solitudine affina i sensi, favorendo il contatto con gli elementi naturali in modo più profondo. Non è raro in questi momenti comprendere l’immensità e la magnificenza di ciò che ci circonda. Spesso nella solitudine di un tramonto marino o sulla vetta di un monte,  la dimensione spirituale che ci abita prende il sopravvento, restituendoci il bisogno di armonia e di equilibrio. Una dimensione quella dello spirito, che se coltivata, arricchisce l’efficacia della scrittura, potenziandone la carica emozionale.

Al chiuso, ritrovarsi soli è una disciplina utile a conoscere se stessi e a sperimentare le proprie attitudini. Lo scrittore non può prescindere dal sapere chi è, cosa prova, da quali sentimenti è animata la propria vita, di quali aspettative si nutre la propria attività creativa.

La quotidianità porta a rifuggire dalla solitudine, l’ho accennato prima.  Il timore di non sentirsi parte del mondo costringe a condividere e a comunicare in modo indiscriminato. Alla lunga l’agitazione che si crea intorno a noi, finisce per cancellare gli spazi necessari all’ascolto di sé, al silenzio, alla riflessione.

La solitudine genera l’ispirazione. Pensate, il significato letterale è soffiare dentro: lo spirito divino viene ad abitare l’animo e la mente umana dominandoli. I credenti affermano che il contatto con Dio avviene nel deserto, la metafora della quiete e del silenzio. A tale proposito vi rimando al bel post su Le volpi che camminano sul ghiaccio .

D’altra parte per poter vivere in solitudine gran parte del tempo, lo scrittore deve disciplinarsi. Non è naturale stare da soli, si sa: l’uomo è un essere sociale. Lo scrittore quindi deve saper accettare la solitudine, renderla amica e benevola.

Voci autorevoli e la solitudine

Bukowski:

Corrono come se avessero il fuoco sotto il sedere in cerca di qualcosa che non si trova. Si tratta fondamentalmente della paura di affrontare se stessi, si tratta fondamentalmente della paura di essere soli.
Invece a me fa paura la folla.

Emily Dickinson: 

Ha una sua solitudine lo spazio,
solitudine il mare
e solitudine la morte – eppure
tutte queste son folla
in confronto a quel punto più profondo,
segretezza polare,
che è un’anima al cospetto di se stessa:
infinità finita.

Herman Hesse:

La solitudine è indipendenza: l’avevo desiderata e me l’ero conquistata in tanti anni. Era fredda, questo sì, ma era anche silenziosa, meravigliosamente silenziosa e grande come lo spazio freddo e silente nel quale girano gli astri.

Pearl Buck :

Amo le persone. Amo la mia famiglia, i miei figli. Ma dentro di me esiste un luogo nel quale vivo tutto solo, è lì che rigenero le fonti che non si esauriscono mai.

Rainer Maria Rilke:

Necessaria è una cosa sola: solitudine, grande solitudine interiore. Volgere lo sguardo dentro sé e per ore non incontrare nessuno; questo bisogna saper ottenere.

Le riflessioni finali le lascio a voi, cari lettori. Cosa ne pensate della solitudine? Scrivetelo nei commenti o in un post dedicato.

 

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Pubblicato da Maura Puccini

La gente che piace a me si trova sempre sparsa qua e là; sono dei solitari... solo che si riconoscono non appena si trovano assieme

14 Risposte a “La solitudine dello scrittore”

  1. Ciao Rosalia, intanto grazie mille per la citazione! È esattamente ciò che sento quello che tu descrivi. Una solitudine benevola e feconda in cui lasciarsi semplicemente accadere. Perché ci sia ispirazione, proprio come dici tu, occorre far entrare qualcosa di nuovo dentro di noi. Se non facciamo spazio, se non facciamo silenzio, il rumore e la confusione impedirán all’idea di emergere.
    Bisogna fare il vuoto.. Non è facile ma è utile e anche piacevole…

    1. Ciao Elena, grazie per il tuo commento. La solitudine come scelta impone disciplina e accettazione, ma alla lunga è un’esperienza che arricchisce la nostra interiorità;)

  2. Io sottoscrivo tutto: la creatività nasce dalla solitudine, che non è solo quella fisica di chi si astrae dal mondo che lo circonda, ma quella interiore di chi si sente unico e solo anche quando si trova in mezzo alla gente. Ho sperimentato questa sensazione in passato e mi ha regalato bellissime pagine che tengo conservate solo per me (anche lì, solitudine: niente destinatari, quei pensieri restano miei)
    E poi, nella pratica, io riesco a produrre quando sono concentrata. La concentrazione è frutto di silenzio e il silenzio nasce dalla solitudine, che io amo. 🙂

    1. Non è una condizione semplice la solitudine, Marina, ma chi ne fa esperienza, e chi scrive sa bene cosa sono la solitudine e il silenzio, non può più farne a meno. Il silenzio interiore è la stanza prediletta dello scrittore. Grazie del passaggio 😉

  3. Che bel post Rosalia, davvero profonde le tue riflessioni, che condivido molto. Per carattere non rifuggo dalla solitidine, posso anzi dire di averne bisogno di tanto in tanto per ricaricarmi o riflettere. Hai davvero ragione sulla solitudine invece che si sperimenta sui social, sembra quasi che più contatti si hanno più ci si sente soli. In qualche modo l’essere tutti collegati grazie alla rete dà l’illusione di poterci anche avvicinare ma non è sempre così. Per chi vive l’essere solo come una sofferenza, di certo non aiutano secondo me. O forse sono un palliativo e basta. Un abbraccio.

    1. Grazie Maria Teresa, mi fa piacere il tuo passaggio. La solitudine dello scrittore è una conditio sine qua non per poter riflettere e creare, capisco che tu ne abbia bisogno. La solitudine come condanna è invece una situazione terribile a cui la rete aggiunge persino malinconia. Un abbraccio a te!

  4. Anche se mi piace la tranquillità in generale, amo il silenzio più che la vera solitudine. Quando scrivo, è come se mi ritrovassi automaticamente sola, perché perdo i contatti con il mondo esterno. Comunque con me stessa mi sento in buona compagnia. 😉

    1. Ciao Grazia, bentornata! Anch’io amo molto il silenzio soprattutto quando scrivo, ogni minimo rumore mi infastidisce. Chi sperimenta la solitudine e il silenzio scopre molto di sé e non mi stupisce che tu stia bene con te stessa 😉

  5. Salve Rosalia, che bel post! Condivido pienamente ciò che sostieni. Ho la fortuna di aver sempre amato la solitudine, ne ho un bisogno fisiologico e ho creato le condizioni per viverla quotidianamente. E godere del suo potere rigenerante e creativo.
    Ti ringrazio per queste riflessioni che toccano corde profonde del nostro essere umani.

    Mi piacerebbe condividere questo post con gli amici del gruppo Fb #adotta1blogger, per la presentazione del quale ti rimando al sito della sua creatrice, Paola Chiesa: http://social-evolution.it/adotta1blogger/.
    Adotta1blogger è un gruppo fondato sulla condivisione di diverse conoscenze, un laboratorio dove scambiarsi informazioni e crescere insieme.
    Fammi sapere se pensi possa interessarti entrare a far parte del gruppo e grazie ancora per i tuoi pensieri preziosi.

    Torno a gironzolare nel tuo sito 😉

    Emma

    1. Benvenuta Emma! Grazie per il tuo commento benevolo, sono contenta che queste riflessioni abbiano toccato la tua interiorità. Certo che mi interessa entrare nel gruppo Adotta 1blogger. Nel frattempo vado a informarmi sul sito di Paola Chiesa. Grazie, a presto 😉

  6. Grazie a te per i tuoi post, che mi danno speranza e chiariscono alcuni punti bui della mia (in)attività.
    Ho condiviso il tuo post con il gruppo e mi sono permessa di adottarti.
    Ti saluto e ti ringrazio di nuovo per tutto!
    Ci sentiamo presto ❤️

  7. Ciao,
    davvero un bel post. Le citazioni finali, davvero…intense.
    Sono un’assidua dell’esercizio dello stare sola, e a me ricarica tantissimo, mi dà un piacere sottile e di cui sento il bisogno quasi quotidiano.
    Pasolini diceva:
    “La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza.”
    Mi metto spesso a rimuginare su questo pensiero…

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