“Il piccolo amico” e l’uso della lente d’ingrandimento

modern-impressionism-leonid-afrimov (600x600)Scritto da Donna Tartt, premio Pulitzer 2014 con Il cardellino, il romanzo Il Piccolo amico rappresenta   per il lettore un’esperienza insolita, meritando una riflessione sullo stile della scrittrice osannata in tutto il mondo.

Chi è Donna Tartt?

Americana del Mississipi, cresciuta in una famiglia matriarcale, da cui ha assorbito il fiero senso di superiorità sull’universo maschile, somiglia a un piccolo furetto: asessuata, sguardo penetrante ed enigmatico, a cinquant’anni ne dimostra trenta. La scrittrice è diventata famosa negli Stati Uniti e nel mondo, oltreché per l’indiscussa bravura,  anche per l’alone di mistero di cui si è intelligentemente ammantata; stupisce che ogni suo libro abbia tempi di stesura ciclopici: “il cardellino”, caso editoriale del 2014, è stato scritto in dieci anni, i più belli della mia vita, ha commentato.

Il piccolo amico

La protagonista de Il piccolo amico è una ragazzina di dodici anni “né bella, né dolce”, Harriet; intelligente e amante dei libri, predilige i giochi maschili e le risse. L’antefatto è la tragica morte di Robin Cleve, fratello di Harriet, che è stato impiccato a un albero del cortile di casa forse da un coetaneo. Harriet non ha memoria del tragico fatto e trascorre l’infanzia in una sorta di disperato limbo, dove gli adulti della famiglia sembrano muoversi succubi di un maleficio. A dodici anni, durante l’estate, decide di trascinare in salvo la propria vita e quella della sorella Allison, cercando di sciogliere il mistero della morte di Robin.

Intorno a lei  si aggirano vere e proprie maschere tragiche: la madre che annega il dolore nell’alcol; il padre, che è uscito di scena subito dopo la morte del fratello, diventando simbolo dell’assenza; la nonna, donna di carattere, che si prende cura della educazione delle nipoti, ma che non può amarle come amava Robin; e le zie, le uniche figure  presenti affettivamente nella vita delle ragazze, mostrano però una vaga percezione della disperazione in cui versano.  Aiutata dal succube amico Hely, pavido e insicuro e che finirà per tradirla, Harriet mette a repentaglio la propria incolumità, aggirandosi nei sordidi quartieri della città tra spacciatori e ladri, per dare un volto a chi ha distrutto la vita della sua famiglia, mettendo in atto un piano di vendetta.

Al termine di un happening estenuante, si approda a un finale che non soddisfa appieno le fatiche profuse nella lettura. La narrazione rimane sospesa, vaga, come se a Donna Tartt non interessi mostrare l’epilogo, concentrata com’è, piuttosto, a mantenere il lettore sul grado di tensione iniziale. Chi  ha seguito la trama con partecipazione, disperandosi per la disperazione di Harriet,  si sente tradito.

L’autrice, abilissima a tenere in piedi una narrazione fiume, sembra dotata di una lente d’ingrandimento con la quale si sposta da una scena all’altra, evidenziando ogni minimo aspetto, ogni comportamento; giunta, però, alla sequenza finale, la chiude rozzamente, quasi annoiata, abbandonando il lettore che aveva condotto per mano fino ad allora. Il motivo del comportamento ambiguo potrebbe dipendere dalla costruzione dell’immane castello narrativo.

La lente d’ingrandimento

“Il piccolo amico” presenta una costruzione narrativa elicoidale, i fatti presentati  si arricchiscono via via  di maggiore dettagli, come se il narratore li passasse al vaglio di un’enorme lente d’ingrandimento. Gli  eventi, i pensieri, ogni più recondito aspetto diventano oggetto di osservazione da ogni angolatura. Non è raro che l’autrice presenti più punti di vista nella stessa scena, come tanti occhi che guardano e interpretano simultaneamente. Il lettore non vive questi repentini cambi con smarrimento, e invitato ad assumerne  la prospettiva, osserva ogni particolare da dietro a un vetro, seguendo lo svolgersi dei fatti da spettatore attivo ed emotivamente coinvolto. Una struttura complessa e orchestrata magistralmente quindi, che, secondo me, ha il limite di sembrare fine a se stessa, quasi che la Tartt voglia dimostrare a noi comuni mortali di saperci fare alla grande.

Sul filo del rasoio

Sembra un’impresa impossibile riuscire a tenere in sospeso il lettore per 684 pagine. Ebbene, Mrs Tartt ci è riuscita, considerando che ha inserito la scena madre a pagina 17 e ha conservato lo stesso clima teso fino a tre o quattro pagine dalla fine.

Recuperati i tovaglioli buoni, Charlotte si apprestava a chiamare Ida, quando fu colta dal presentimento di qualcosa di brutto.

La bambina fu il suo primo pensiero. Si rialzò di furia, lasciando cadere i tovaglioli sul tappeto, e corse fuori in veranda. Ma Harriet stava bene. Era ancora sul dondolo e guardò la madre con i grandi occhi gravi. Allison sedeva sul vialetto con il pollice in bocca. Si dondolava avanti e indietro e mugolava, in apparenza non aveva niente, ma Charlotte si accorse che aveva pianto…

Con la coda dell’occhio Charlotte colse un movimento in fondo al giardino: Robin?Ma voltatasi a guardare, non scorse nessuno…

Da qui in avanti,  azionando un simbolico timer,  Donna Tartt mette in atto il climax ascendente, riuscendo a mantenerlo costante all’infinito, con un continuo accumulo di tensione lungo tutto il percorso negli abissi dell’umanità. Peccato che tanto spreco di energie alla fine non porti a molto.

A mio avviso, l’autrice perpetra il tradimento del patto narrativo, di cui, comunque, sembra infischiarsene tranquillamente.

Un’ultima considerazione. All’inizio dell’opera, lo stile è quello del giallo classico: c’è un assassinio, un colpevole si aggira impunito e una ragazzina dalla mente brillante cerca di individuarlo. Nel prosieguo della lettura  si comprende che il vero intento non è quello di svelare il mistero, se mai di aggiungere mistero a mistero, in un crescendo dalle tinte noir. L’impressione è che l’autrice sparga indizi per depistare il lettore, in un girovagare estenuante che non  approda mai a niente di concreto.

Giunta all’ultima riga, la mia reazione istintiva è stata quella di gettare il libro dalla finestra, al quale avevo dedicato molti  giorni  con la fastidiosa sensazione di aver sprecato il mio tempo. Ho resistito alla tentazione e mi sono dedicata a capire il motivo che ha spinto la Tartt a fare una scelta così ardita. Alla fine di tutto penso che l’enigma iniziale, la cui risoluzione non avrebbe comunque riportato la famiglia Cleve alla pace di un tempo, sia servito da escamotage per  creare un effetto ipnotizzante sul lettore, tale da indurlo  a seguire la narrazione nelle profondità dell’animo umano. E che fosse questo in definitiva l’obiettivo dell’autrice, lo si evince dalla scelta di aver messo una ragazzina al centro dell’enorme labirinto: in fondo da una bambina, per quanto intelligente sia, cosa ci si poteva aspettare? Sembra giustificarsi l’autrice.

Alla luce di questo, l’esperienza legata alla lettura de Il piccolo amico si è rivelata inaspettata e, aggiungo, affascinante.

E voi conoscete il libro Il piccolo amico? Qual è il vostro giudizio sulle opere e sullo stile di Donna Tartt?

 

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Pubblicato da Maura Puccini

La gente che piace a me si trova sempre sparsa qua e là; sono dei solitari... solo che si riconoscono non appena si trovano assieme

4 Risposte a ““Il piccolo amico” e l’uso della lente d’ingrandimento”

  1. Conosco la Tartt solo per “Il cardellino”, che ho apprezzato molto, anche se a mio parere la storia avrebbe potuto – e dovuto – essere meno prolissa. Non so se tenterò con Il Piccolo Amico.

    1. Sì, Grazia. Anche ne “Il piccolo amico” alcune parti risultano faticose.
      E’ un’esperienza che comunque non lascia indifferenti. ^_^

  2. Non ho ancora mai letto nulla di quest’autrice ma mi incuriosisce sempre più leggendo qua e là. La tua recensione poi mi ha catturata più che mai, credi che mi conviene iniziare da questo romanzo o è meglio “Il cardellino”?
    Caspita, dieci anni per scrivere un libro… spero di non arrivare a tanto!

    1. Io ho letto “Il piccolo amico” perché volevo scoprire l’autrice prima di
      dedicarmi a “Il cardellino” che ho intenzione di leggere durante l’estate.
      Mrs Tartt è un’autrice esigente ha bisogno di tempo e di attenzione.;)

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