Gli adolescenti e i libri: perché tanta avversione?

muralesIl verbo leggere condivide con altri verbi, come amare e sognare, la stessa avversione per l’imperativo.

Lo sostiene Daniel Pennac ed è un’affermazione condivisibile.

In un passato non troppo lontano, nelle famiglie serpeggiava la strana credenza che leggere, a lungo andare, rovinasse la vista. I giovani lettori vivevano la loro attività preferita quasi clandestinamente, nel chiuso della camera con un filo di luce per non incorrere nella fatidica proibizione:

“Non leggere! Piuttosto vai a giocare”, a sottolineare che la vita vera non avesse niente a che fare con le pagine ingiallite di un libro.

La lettura diventò per molti di noi un’attività sovversiva e si rivestì del fascino delle cose proibite.

In epoca più recente, invece, i libri hanno incarnato il simbolo di una generazione nuova, il cui livello culturale era cambiato rispetto a quello dei genitori. Così la pratica pedagogica invitava a educare il bambino all’amore per il libro fin dalla tenerissima età.

I genitori, rivestiti del ruolo di primi mediatori, diventavano per i loro figli l’incarnazione del libro stesso. Il tono della voce, la lettura espressiva, il cambiamento delle espressioni del viso , ogni trucco era sperimentato per rendere accattivante il mondo della lettura.

Una profusione di sforzi che visto i risultati ottenuti, e cioè la diminuzione vertiginosa dei lettori adolescenti, ha fallito miseramente.

A questo punto le ricerche sociologiche si sono sprecate alla ricerca di un colpevole: “Cosa ha prodotto una tale debacle?

Il primo capro espiatorio, secondo il sentire comune, è la televisione, rea di aver tarpato la fantasia e di avere fagocitato il tempo a disposizione; in seconda battuta, il computer, in particolare i canali social che trasformano la vita vera in vita virtuale. Tutto qui?

“Vi sembra poco?” potrebbe obiettare qualcuno.

Eppure ci deve essere qualcosa d’altro dietro la moderna avversione alla lettura delle novelle generazioni.

Intanto è facile rilevare che è cambiata la modalità di attenzione. I giovani sono abituati al tutto e subito perché formati dal linguaggio pubblicitario, nello spazio di una manciata di secondi, a trasformare i desideri in bisogni. Il tempo da dedicare a un libro sembra appartenere a uno spazio-tempo ultraterreno. La lettura è una pratica che esige pazienza e lentezza, due termini obsoleti nel linguaggio odierno.

Nell’epoca dominata dalle immagine, la parola scritta risulta in netto svantaggio, e questo è un secondo aspetto da valutare. Il linguaggio iconografico ha un codice più fruibile in quanto più immediato. Perché leggere le belle fiabe di una volta, quando guardarne le trasposizioni dei film Disney costa meno fatica?

Le immagini accompagnano lo spettatore esigendo pochi sforzi di comprensione e questo è un ottimo espediente da adottare dalla generazione che ha abolito dal proprio vocabolario un’altra parola, oltre a quelle suddette: lo spirito di sacrificio.

Forse siamo arrivati al cuore del problema, ma ancora non lo abbiamo messo a fuoco in tutta la sua interezza. Quest’analisi sembra manchevole di un altro elemento. Potrebbe riguardare la pratica editoriale scellerata degli ultimi venti anni. Le librerie delle scuole e di molte case pullulano di pessime collane di libri per l’infanzia il cui unico pregio è quello di essere a buon mercato.

Libri editi in grande tiratura che non riportano neppure il nome di un autore in carne e ossa, firmati da topi e fatine, che storpiano il linguaggio e le emozioni.

I giovani adolescenti, che oggi rifiutano di aprire un libro, sono stati cresciuti a pane e storie melense prive di attrattiva. Nella loro infanzia, probabilmente hanno subito la tortura di vicende senza mordente e sono stati costretti a leggere controvoglia.

Soluzioni? Nello spazio di un post non si può trovare la soluzione a un problema così importante. Però si può provare a parlarne, il che è già un primo passo.

Al primo posto, nella mia personale classifica, c’è l’esigenza di cambiare rotta per aiutare i giovani a scoprire il piacere di leggere, disintossicandoli da letture che non hanno lasciato loro niente se non un grande vuoto.

In secondo luogo, la ricerca pedagogica si deve concentrare su altre modalità di promozione della lettura che si basi, per esempio, sulla logica della proposta e non dell’imposizione.

La lettura è un comportamento e come tale ha bisogno dell’esempio pratico più che del teorico invito. Il bambino, si sa, impara molto per imitazione e se vede leggere qualcuno, farà altrettanto.

A livello scolastico, in terzo luogo, dobbiamo considerare la scelta delle letture da proporre, ricorrendo ai classici, che non sono solo quelli che conosciamo tutti. Vi sono molti altri libri intramontabili capaci di creare l’innamoramento al libro. È giunto il momento di ribellarsi alla logica del consumismo e del basso costo, che spesso è sinonimo di qualità infima.

Infine dobbiamo restituire al libro la dignità di un’attività culturale di primo livello, non mettendola in competizione con la funzione svolta dai mass media. Nessuna guerra santa, non serve.

Forse è giunto il momento di far passare il concetto che “leggere è elitario“, non è da tutti, è solo per chi davvero lo merita. Di chi, cioè, sia capace di apprezzare fino in fondo il meraviglioso mondo del linguaggio scritto.

Un’altra guerra santa da evitare è anche quella che molti hanno ingaggiato contro il digitale. Il libro cartaceo, mettiamocelo in testa, è destinato, con le nuove generazioni, a cedere il passo agli Ebook. Perché contrastarne il naturale passaggio? Sarebbe come se qualcuno si fosse opposto al passaggio dalla tavoletta d’argilla al foglio di papiro. Quello che conta non è la modalità di fruizione dei libri, bensì che il contenuto arrivi a menti capaci di accoglierlo.

Spero che la riflessione, ispirata dagli interrogativi di Cristiana Bartolini durante un commento a un precedente post, possa essere utile per meditare sul disamore che i giovani hanno maturato nei confronti della lettura.

Scrivete il vostro parere, ci aiuterà ad approfondire l’argomento. Grazie!

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Pubblicato da Maura Puccini

La gente che piace a me si trova sempre sparsa qua e là; sono dei solitari... solo che si riconoscono non appena si trovano assieme

4 Risposte a “Gli adolescenti e i libri: perché tanta avversione?”

  1. Un’analisi interessante e approfondita. Secondo me, tra i vari fattori, decisivo è l’avvento del web, con annessi YouTube, FB e tutti i social, che soddisfano (rapidamente) una quantità di interessi. Non lo dico come reale critica; io stessa uso moltissimo questi strumenti, e non solo non li demonizzo, ma presto attenzione a non farmi fagocitare dal web. Mi rendo conto, però, che nel mantenere un equilibrio sono avvantaggiata dal fatto di avere vissuto per tanti anni una vita di altro genere, in cui la lettura per me era l’unico vero divertimento. Mio figlio diciottenne è nato già in questo contesto, perciò va più soggetto a una forma di dipendenza. Eppure legge. Solo quello che non gli viene imposto dalla scuola, ma legge, in alcuni periodi poco, in altri moltissimo. Per questo mi domando: è giusto che la scuola chieda agli studenti di leggere solo testi colti e spesso pesanti? Non sarebbe meglio che i ragazzi leggessero Hunger Games e si divertissero, piuttosto che arrancare sbuffando tra la pagine di qualche racconto di trincea? Capisco che la mia opinione possa suscitare critiche, ma non credo nella suddivisione della letteratura in serie A e serie B. Credo nella passione per la lettura, questo sì.

    1. Ciao Grazia, il tuo contributo è molto utile. Grazie. Tuo figlio ha seguito
      la strada che gli hai tracciato tu con l’esempio. In molte famiglie non si
      apre libro, purtroppo. Anch’io credo nella passione per la lettura, ma
      i nostri piccoli spesso si trovano tra le mani cose indecenti, è innegabile.
      Domani posterò la testimonianza di due giovanissime che
      parleranno a favore della lettura . A presto

  2. Grazie Rosalia di questa analisi così minuziosa! Sono così contenta di aver conosciuto il tuo blog! Io ho sempre con me il tablet collegato alla rete, ogni minuto e’ buono così per leggere cose interessanti. Anche quando aspetto in macchina come adesso! Postero’ le mie osservazioni. Intanto forse tu mi sai dire come si fa sul tablet ad inserire gli accenti? Spesso sono costretta ad usare l’apostrofo al posto dell’accento perché non so dove trovarlo sulla tastiera

  3. Ciao Cristiana, attendo le tue osservazioni. So che aggiungeranno
    alla mia analisi altri aspetti interessanti. Io uso Inserisci caratteri
    del programma di scrittura. C’è anche la possibilità di farlo con la
    tastiera. Controlla su Internet quali tasti devi pigiare per la versione
    del tuo tablet. A presto

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