I Corsi di scrittura creativa servono davvero?

Visto che a Luglio sarò nella torrida Milano, vorrei approfittare dei vantaggi della metropoli per frequentare un corso intensivo di scrittura creativa.  Sarebbe la prima esperienza  dal vivo, visto che finora ho frequentato corsi on line.  Iscrivermi a una scuola di scrittura come la Holden di Baricco o, anche  solo per un semestre, alla Bottega di narrazione di Mozzi,  è il mio  sogno,  irrealizzabile per adesso a causa del lavoro. Mi attrae l’idea della scuola, sarà perché amo ascoltare e imparare, confrontarmi e mettermi in discussione, caratteristiche che ritengo indispensabili per apprendere.

Imparare a scrivere bene

I pareri sulle scuole di scrittura creativa sono discordanti: alcuni addetti ai lavori le consigliano, altri le bollano come una colossale perdita di tempo. È pur vero che c’è scuola e scuola e alcune servono solo a spillare soldi. Il pensiero di impegnare tempo e denaro in fuffologia non mi fa impazzire. Poi c’è la questione vecchia quanto il mondo secondo cui  non si può insegnare a scrivere. Ne avete sentito parlare?

Anche Carver lo ha ribadito ne Il mestiere di scrivere, rovesciando, però,  la questione in modo curioso: posto che  non si può insegnare a scrivere, imparare a scrivere bene non solo si può, ma si deve. Non è un gioco di parole, ma una prospettiva completamente nuova: ogni arte è frutto di talento e di predisposizione ma anche di mestiere. E il mestiere ha bisogno di studio e applicazione: in una parola di apprendistato.

Per apprendistato si intende un periodo di formazione professionale nel quale si apprende un mestiere osservando e ascoltando persone già esperte e seguendo corsi di formazione.

Negli States c’è un’importante tradizione in questo senso: le scuole  di scrittura creativa funzionano eccome, non a caso il panorama autoriale americano è vivo e vegeto. Gli americani hanno un concetto un po’ diverso di narrativa. Per loro scrivere non è arte, ma artigianato , un connubio tra espressività artistica e solida base tecnica. E la tecnica non è innata ma si apprende sporcandosi le mani. Nel paese ai vertici mondiali dell’editoria, si ritiene  che scrivere una storia  richieda  molta pratica e poca teoria, alla stregua di chi realizza un manufatto: arnesi giusti (le parole), tecnica sopraffina e, aspetto da non trascurare, abilità di soddisfare le esigenze dei clienti.

Da noi il pensiero sulla scrittura è nebuloso e , purtroppo, anche fuorviante al fine della pubblicazione. Ma che ci piaccia o meno, la narrativa non può prescindere dal potenziale lettore. Sul perché e per come vi rimando a un precedente post (qui).

Quattro obiettivi della scuola di scrittura

Dal mio punto di vista una scuola ben strutturata dovrebbe almeno perseguire 4 obiettivi. Analizziamoli insieme:

Insegnare a focalizzare lo sguardo sul potenziale lettore  Se scrivessimo solo per noi, il prodotto sarebbe un triste soliloquio. Ciò che abbiamo da dire deve arrivare chiaramente al lettore per svolgere il suo compito. Quale compito? Vi rimando alle parole di Zaimoglu, acclamato scrittore turco- tedesco, autore di Leyla:

Quando si scrive si vuole soprattutto toccare la sensibilità di chi legge, si scrive per commuovere e commuoversi (beruehren und beruehrt werden), si scrive per farsi leggere e per farsi amare.

Trasmettere la tecnica  Torno (per l’ultima volta, lo giuro) al concetto di scrittura come forma di artigianato e allo scrittore come artigiano. Nella sua valigia non devono mancare di base una buona semantica, la padronanza della grammatica e della sintassi. Un corso, seppure  strutturato bene,  non può trasmettere gli strumenti basilari per cui occorrono anni di studio.  Si limiterà alle strategie narrative: focalizzazione, punto di vita, scelta del narratore, piani di narrazione, fluidità  e incisività di ogni singola espressione, etc.

A proposito di tecnica, un buon corso si può rivelare l’occasione per sbozzare lo stile: l’aggettivazione efficace, la guerra alle espressioni ridondanti, o peggio, melense, e il coraggio di tagliare, tagliare e ancora tagliare i rami secchi. E della punteggiatura, ne vogliamo parlare?  Un giorno Wilde scrisse: “Ho lavorato al poema tutto il giorno. Al mattino ho aggiunto una virgola, al pomeriggio l’ho tolta.” Perché anche un’insignificante virgola può fare la differenza.

Ma non c’è tecnica senza esperienza. E  veniamo all’altro obiettivo di una buona scuola di scrittura:

Incoraggiare a scrivere e  a riscrivere  Far sperimentare le tecniche con racconti brevi, racconti lunghi, sceneggiature, progetti per un romanzo, interi capitoli, tutto sotto lo sguardo ravvicinato e attento di un esperto che legga e corregga. Sempre a proposito di Carver, egli ebbe la fortuna di avere come insegnante di scrittura alla Bread Loaf Writers’ Conference, un seminario di scrittori e poeti tra i più prestigiosi degli Stati Uniti, John Gardner, scrittore controverso e insegnante ossessivo. Riempiva i lavori degli allievi di suggerimenti e di sottolineature, raramente aggiungeva di fianco  “bravo o mi è piaciuto”. Una sana critica serve di più, aggiungeva. Un corso di scrittura deve incoraggiare senza illudere.

Favorire la conoscenza dei classici Al liceo nutrivo una sorta di venerazione per la prof d’Italiano per come riusciva a trasmettere il suo amore per la letteratura. Grazie alle sue spiegazioni, all’uscita di scuola correvo in biblioteca a cercare le opere degli autori di cui ci parlava: Shakespeare, Celine, Cechov, Tolstoj, Dostoevskij, Pirandello, Svevo, Joyce, Musil, Kafka, Ibsen, Calvino, Austen, Flaubert…

Spesso nella blogsfera  leggo pareri negativi sui classici. Alcuni sostengono che la letteratura del passato abbia poco a che vedere con la scrittura di oggi  e che non serva per scrivere bene. Non so cosa ne pensiate, amici, ma ripudiare secoli di cultura bollandola come sorpassata mi sembra una presa di posizione arrogante e pericolosa. Il background culturale rende la scrittura stabile e forte come una casa fondata sulla roccia.

Cosa ne pensi delle scuole di scrittura creativa?  Lascia la tua opinione o, semplicemente, raccontami la tua esperienza. Grazie!

 

 

 

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Pubblicato da Maura Puccini

La gente che piace a me si trova sempre sparsa qua e là; sono dei solitari... solo che si riconoscono non appena si trovano assieme

14 Risposte a “I Corsi di scrittura creativa servono davvero?”

  1. Ho basato il mio studio della tecnica (che è sempre in corso, anche se con ritmi meno intensi) solo sui libri. Non mi sentirei di esprimere un’opinione sull’utilità di un corso dal vivo di scrittura creativa, perché stimoli e remore sono strettamente personali. Per me l’aiuto scritto è ideale, perché non mi causa tensioni di alcun tipo e non mi sottopone al giudizio di un maestro di cui non potrei riconoscere appieno l’autorevolezza. Studiare le tecniche di scrittura per me significa imparare a distinguere, e rendere consapevoli, gli elementi che di fronte a una lettura mi fanno dire “mi piace”. Credo che nessuno possa dirci che il nostro modo di scrivere è giusto o sbagliato, e valuto il parere di un anonimo beta reader come quello di un maestro, anche se forse questo ti sembrerà una bestialità. Invece sono convinta che un corso live possa essere una bellissima esperienza umana e uno stimolo a progredire, questo sì. Quanto allo sporcarsi le mani, lo sai che sono d’accordo! 😉

    1. Lo so bene Grazia, è il titolo del tuo manuale per scrittori: mai titolo fu più azzeccato! Non sempre i maestri sono all’altezza del compito, lo sappiamo. Ma nella vita ti può capitare la fortuna che ha avuto Carver di incontrare sulla sua strada Gardner, e allora le cose cambiano eccome! Forse più di una vera e propria scuola l’ideale per me sarebbe una bottega di narrazione come quella di Mozzi, dove si faccia tanta pratica e poca teoria. Nella scuola di oggi non si parla più di conoscenze da raggiungere ma di competenze. La competenza non è solo sapere, ma applicare il sapere nel modo giusto. Che ne dici?

      1. La competenza va oltre la conoscenza, ne sono convinta. Noi uomini siamo diventati troppo teorici, e gli aspetti esperienziali delle cose ci sfuggono. Si paga un prezzo alto per questo, non solo nella scrittura!

        1. Hai proprio ragione Grazia! Tornando agli americani, loro sono più pragmatici e i risultati si vedono. Dovremmo tornare alla chiarezza della pratica;)

  2. Ciao Rosalia, trovo molto stimolante l’idea di artigianato associata alla scrittura. Per me è decisamente più accessibile come concetto, parlare di arte è sempre un pò impegnativo… Detto questo, ammetto di essere tra coloro che non hanno mai partecipato a una scuola per scrittura creativa, dunque non esprimo pareri in merito. Preferisco al momento leggere. Anche io sono incappata recentemente nelle lezioni di scrittura di autori americani, e devo dire che il taglio differente si sente. Ciò nonostante, è proprio dal confronto tra metodiche e tecniche differenti, anche di apprendimento, che si può imparare qualcosa.
    Per esempio: sapevi che i guru yankee predicano l’arte di copiare, come gli amanuensi, la scrittura che ti interessa comprendere meglio, parola dopo parola, per imparare a scrivere (o a non scrivere) come il suo autore?
    Insomma, c’è davvero di tutto sotto il sole…

    1. Non sapevo la storia dei guru yankee, bella informazione! Mi sono prenotata a un corso intensivo per la seconda settimana di luglio, 20 h. Al ritorno ti aggiornerò. La lettura è sicuramente la prima e più importante scuola e sono d’accordo con te sulla commistione di metodiche e tecniche differenti. La fusione di stili e input è quasi sempre ricchezza 😉

  3. Io sono una di quelle che nutre un forte pregiudizio verso le scuole di scrittura creativa. Ne parlo senza conoscerle, per cui qualcuno può contestare la mia presa di posizione, tuttavia credo che in molti casi siano poco utili: preferisco leggere molto, basarmi sulle esperienze riuscite altrui, ascoltare i consigli giusti e spassionati dati non necessariamente da professionisti che sono pagati per farlo. Per esempio, tu hai citato i classici: per me sono indispensabili nella maturazione di un’esperienza nel campo della scrittura, altroché superati. I miei maestri restano i libri e gli autori che hanno fatto la storia della letteratura. Forse seguirei qualche corso di perfezionamento, qualche laboratorio specifico, ma un corso con tanto di programma e lezioni no.

    1. Legittima la tua posizione, Marina. Credo anch’io che forse basterebbe qualche corso di perfezionamento più che una vera e propria scuola. La lettura poi è una base imprescindibile. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda 🙂

  4. Credo che le scuole di scrittura possano servire a focalizzare il “problema”. Come tu scrivi, bisogna distinguere quelle di qualità dalla tanta fuffa che c’è in giro. Sarei curiosa anch’io di frequentare almeno un seminario della Holden di Baricco.
    La letteratura contemporanea – quella di Carver e altri – non va certo dimenticata. Chi lo afferma pecca di stupida presunzione. Ma di presuntuosi che pensano di essere scrittori ne è pieno il web.

    1. Grazie Luz per il tuo contributo. Mi piace lo scopo che hai individuato: focalizzare il problema. Se frequentando una scuola, riuscissi a mettere a fuoco i punti deboli della mia scrittura, sarebbe un grosso successo. Concordo anche sulla tua conclusione. Nel mondo della scrittura è piuttosto frequente trovare chi ne sa di più e lo sa fare meglio… c’è poca umiltà. Mettersi in discussione e voler imparare è un’ottima palestra di umiltà 😉

  5. Io sono della stessa idea di Marina e ne sono ancora più convinto perché io un corso di scrittura creativa l’ho frequentato, l’ho pagato, ma non valeva davvero nulla. Alcune lezioni furono anche annullate. Volevo conoscere altre persone, ma eravamo appena 4, poi diventati 3 e i docenti (a loro dire tutti scrittori) venivano a fare un po’ di pubblicità su uno dei loro libri e poi ci dicevano cose che io già sapevo avendo già letto un corso di narrazione in edicola e poi sul web. Conosco le regole. Il corso di scrittura non ti fa diventare uno scrittore e nemmeno ti è utile per scrivere bene. Soprattutto una addetta ai lavori mi disse chiaramente che il guadagno che si fa pubblicando un autore è decisamente inferiore a quello che porta un corso di scrittura creativo. Quindi io non consiglio corsi di scrittura. Magari consiglierei catene di lettura o gruppi di lettura. In alcune librerie si riuniscono una volta a settimana o al mese gruppi di lettura. Quello sì. Un’analisi “tecnica” di un “Il signore delle mosche” di un “Io non ho paura”, ecc… valgono molto di più di 3000 euro dati a qualcuno che “fa lo scrittore” e insegna a scrivere. Nessuno ti insegna a scrivere. Le storie, le idee, la tecnica non te la può dare nessuno. Soprattutto se le regole di base le conosci. Io per esempio sul mio blog iniziai dei consigli di scrittura che chiamai comunque “lezioni”: https://giovanniventuri.com/category/scrivere/scrittura-creativa/ se proprio interessano, ma a un certo punto non l’ho più portato avanti. Qualcun altro disse che certe scuole fanno scrivere libri tutti nello stesso modo ed è vero. Un po’ come usare la formula per la soluzione delle equazioni di secondo grado. È sempre la stessa 🙂 .

    1. Ciao Giovanni, benvenuto nel blog! Grazie per il tuo parere. Per ora ho rimandato… anche per me qui le scuole non sono valide. L’esperienza americana è completamente diversa e molto più professionale, ma questa è l’Italia, baby!:)

  6. Parli di Carver. Mi ricordo che una delle ultime ristampe dei suoi racconti (sarebbe meglio dire riedizioni) fu difficile perché si doveva ritornare al testo originale di Carver senza alcun intervento presumo proprio di Gardner. Fu un’operazione assai difficile. Che l’allievo avesse superato il maestro fin dall’inizio? John Gardner grande scrittore staunitense? All’università non me ne hanno mai parlato; forse doveva diventare ancora famoso (il suo allievo lo è già da tempo). Spesso si sovrappone e confonde il successo editoriale di un autore col numero delle vendite: più vende più bravo è: Non mi ricordo se furono i Malavoglia o Mastro don Gesualdo ad essere – editorialmente parlando – un vero flop per il giovane Verga. Eppure ce lo dobbiamo studiare a scuola. Ch’io sappia John Gardner ancora no.

  7. Ciao Stefano benvenuto nel blog. La grandezza di un autore talvolta è seguita dalla fama, altre volte no. La grandezza di Gardner oltre ad essere attestata dalla critica lo è anche dallo stesso Carver che ne ha parlato diffusamente nel Mestiere di scrivere.
    Quello che si studia a scuola, a mio parere, non è il metro per giudicare la grandezza di un autore, tanto più che i programmi italiani non prevedono un serio approfondimento della letteratura internazionale. Non si studia neanche Carvere, né Roth, né Flannery O’ Connor, né Pennac. Cosa significa? Che non sono abbastanza degni?

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