Esercizi di scrittura

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ConcorsiEsercizio per descrivere un personaggio senza annoiare il lettore

«Che fai?» mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio.

«Niente,» le risposi, «mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino.»

Mia moglie sorrise e disse:

«Credevo ti guardassi da che parte ti pende.»

Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda:

«Mi pende? A me? Il naso?»

E mia moglie, placidamente:

«Ma sí, caro. Guardatelo bene: ti pende verso destra.»

Avevo ventotto anni e sempre ho allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente, come insieme tutte le altre parti della mia persona. Per cui m’era stato facile ammettere e sostenere quel che di solito ammettono e sostengono tutti coloro che non hanno avuto la sciagura di sortire un corpo deforme: che cioè sia da sciocchi invanire per le proprie fattezze. La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto perciò mi stizzí come un immeritato castigo.

Vide forse mia moglie molto piú addentro di me in quella mia stizza e aggiunse subito che, se riposavo nella certezza d’essere in tutto senza mende, me ne levassi pure, perché, come il naso mi pendeva verso destra, cosí…

«Che altro?»

Eh, altro! altro! Le mie sopracciglia parevano sugli occhi due accenti circonflessi, ^ ^, le mie orecchie erano attaccate male, una piú sporgente dell’altra; e altri difetti…

«Ancora?»

Eh sí, ancora: nelle mani, al dito mignolo; e nelle gambe (no, storte no!), la destra, un pochino piú arcuata dell’altra: verso il ginocchio, un pochino.

Dopo un attento esame dovetti riconoscere veri tutti questi difetti. E solo allora, scambiando certo per dolore e avvilimento, la maraviglia che ne provai subito dopo la stizza, mia moglie per consolarmi m’esortò a non affliggermene poi tanto, ché anche con essi, tutto sommato, rimanevo un bell’uomo.

Sfido a non irritarsi, ricevendo come generosa concessione ciò che come diritto ci è stato prima negato. Schizzai un velenosissimo “grazie” e, sicuro di non aver motivo né d’addolorarmi né d’avvilirmi, non diedi alcuna importanza a quei lievi difetti, ma una grandissima e straordinaria al fatto che tant’anni ero vissuto senza mai cambiar di naso, sempre con quello, e con quelle sopracciglia e quelle orecchie, quelle mani e quelle gambe; e dovevo aspettare di prender moglie per aver conto che li avevo difettosi.

«Uh che maraviglia! E non si sa, le mogli? Fatte apposta per scoprire i difetti del marito.»

da Uno nessuno e centomila di L. Pirandello

Esercizio: descrivete il protagonista della vostra storia mediante un dialogo indiretto in cui, gradualmente, egli prenda coscienza dei pochi pregi e dei molti difetti fisici.

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Vi proponiamo 8 esercizi per caratterizzare i personaggi, liberamente tratti dai consigli di Letizia nell’articolo on line “Scrittura Creativa” (qui)

Esercizio n.1: Inventate un personaggio con una caratteristica peculiare che possedete voi stessi. Costruite la personalità del vostro protagonista attraverso l’uso di aggettivi, ma soprattutto descrivendo una situazione in cui la particolare caratteristica sia messa in luce.
Esercizio n. 2: Pensate a tre personaggi, ognuno con un elemento caratteriale ben preciso e che reagiscono a una situazione di pericolo in modo diverso.

Esercizio n 3: Descrivete un personaggio usando solo due aggettivi, e inventate un dialogo tra lui e un altro dal quale emerge la sua personalità

Esercizio n.4: Pensate ad una caratteristica del vostro carattere e costruitevi un personaggio di sesso opposto al vostro

Esercizio n. 5: Immaginate una caratteristica tipicamente umana e trovate un oggetto inanimato che per  caratteristiche proprie  possa diventarne la personificazione.

Esercizio n.6: Costruite un personaggio che superi in modo positivo alcuni aspetti negativi della sua vita, usando un paradosso o il contrappasso dantesco.

Esercizio n. 7: Pensate a un personaggio “perdente” e inseritelo in una situazione fortuita che cambi improvvisamente il corso della sua la vita facendolo risultare vincente.

Esercizio n.8: Scegliete una persona che conoscete o che  frequentate sempre in contesti formali (datore di lavoro, medico di fiducia, macellaio), e inventate una storia in cui venga fuori la sua vera personalità, attraverso pensieri, parole, azioni.

Se, grazie agli esercizi proposti, riuscite a creare una storia (minimo 3000 caratteri max 5000) inviatela a Scrivere la Vita. I racconti meritevoli saranno pubblicati sul blog.

Buona scrittura!

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3 Risposte a “Esercizi di scrittura”

  1. Ciao. E’ la prima volta che accedo a questo sito. Molto interessante! Approfitto dell’occasione per accettare l’invito di scrivere un racconto basato sulle tracce degli esercizi che hai proposto. La traccia è la numero 5 ed il titolo è.: Il trolley.
    Grazie e ciao.
    Gabriele Marcon

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    Dalle nove del mattino sino alle sei del pomeriggio. E non era finita. A fare cosa, poi? Lavorare? No. Una gita in un giorno feriale? Nemmeno. A far niente! Nulla! Il divano su cui mi accomodavo era ormai sagomato. Mi alzavo solo per le necessità primarie. Mi avete capito…

    Uno non è che ti chiede la luna, ma almeno far finta di aver spolverato i mobili! Rifatto il letto! Così la dolce metà la tieni buona quando ritorna . Macché. Apatia totale.

    E poi, così, senza preavviso, quasi a voler violare quel sacro fancazzismo la tua mente, che sino a quel momento se ne era stata buona buona accantonando rimuginii molesti, ti propina delle immagini… discutibili. Niente di sconcio o censurabile. Ma veder scorrere dentro la tua testolina delle valigie come se fossi all’aeroporto o alla stazione… noooo! E non la versione classica, ma l’upgrade: il trolley!

    Di tutti i colori: bianchi, verdi, gialli , neri, rossi. Si incrociavano, sbattevano, si cappottavano, vomitavano all’esterno il loro contenuto. Di tutto. E visto che sino ad allora avevo praticamente vegetato, il mio prezioso organo pensante ha arricchito il film con altri particolari. Per esempio, vedere questi degnissimi attrezzi seguire docilmente chi ne possedeva la titolarità ( per inciso, non riuscivo a stabilire se qualcuno si era appropriato dell’oggetto altrui). Forse la vicinanza delle ferie estive aiutava a contestualizzare l’immagine. Chissà.

    Ma la cosa sorprendente era un altra. Ho cominciato a pensare al trolley non più come ad un semplice strumento di grande utilità. E questo è indiscutibile. Sovrapponevo la sua vista a quella degli esseri umani che come bravi soldatini ascoltano e seguono il proprio comandante. Insomma, mi pareva che il trolley riproducesse fedelmente alcune delle qualità dell’uomo: trolleranza…pardon, tolleranza. Pazienza, educazione, ammirazione. Come dirlo in una caratteristica…ah! si, fedeltà!

    Trascinato in ogni dove. Sbattuto a destra e sinistra come un qualsiasi straccio sporco. Dove lo metti rimane ( se non te lo portano via).

    Cerchi di farci star dentro l’impossibile mollandogli calci da cannoniere di serie A!. E mica ti tradisce. No!. Ti abbandona solo quando è giunto il suo momento. Quello della dipartita.

    Certo, non è che accetta proprio tutto tutto. Per esempio se cominci ad esagerare pensando che ci debba stare dentro l’intera casa, ti fa capire di smetterla di spingere come un forsennato: si ribella, e può capitare che si rompa…la cerniera. Anche chi è fedele e devoto, quando il livello di guardia è superato non te le manda a dire! Va bene paziente, ma non approfittartene. Anche per il tuo bene.

    E a dimostrazione del forte legame che si crea , se per esigenze è necessario che stia con altre persone ed essi provassero ad averci a che fare, ci si accorgerebbe che non è assolutamente la stessa cosa. Per il trolley o per l’essere umano? Uguale. Educatamente cercano di adattarsi alla nuova situazione, ma non stanno bene. Lo fanno solo perché rispondono ad una esigenza superiore. Si fanno meno malleabili, disponibili. Non ti seguono come dei pazienti collaboratori. Sbandano, picchiano contro le altre persone. Si smarriscono.

    Chi ha il compito di gestirli temporaneamente, si rende immediatamente conto che non c’è feeling. E poi si dimenticano dove ti hanno lasciato. E ci rimangono male. Entrambi, il trolley e l’essere umano. Perché sanno che il loro leader non avrebbe agito in questo modo. Avrebbe avuto più cura. Sa fino a che punto si può spingere per non sconfinare nella non curanza o, peggio, nella maleducazione.

    Certo, a volte verrebbe voglia anche a lui di urlare e di scappare. Provate voi ad essere schiacciati come sardine nel vano di un aereo o di un treno e nel baule di una macchina. Sei con altri che non conosci, che cercano il miglior posto per star comodi. Odori, mancanza d’aria… insomma ci sono tutti i presupposti per fuggire. Ma sa che lo fa per una buona causa. Per la fedeltà nei confronti del magister e per la fiducia che quest’ultimo ha riposto in lui. Ognuno ha un proprio destino in questo mondo. Una missione. O così dovrebbe essere.

    Che sia un trolley o una persona, non importa: occupati al meglio del tuo compito. E forse riuscirai a lasciare un piccolo segno del tuo passaggio su questa terra.

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