“Tutto a posto” racconto

la-fotografia-di-james-reeve-L-PJZxjlIl ritorno di un emigrante nella propria terra dopo aver combattuto 
la buona battaglia: un brano intenso di Sara Valoti

Rughe profonde di stanchezza.

Passi pesanti di fatica, grevi di tutto ciò che è stato. Leggeri solo nell’ultimo tratto, forse consapevoli della vicinanza della meta.

Porta solo una valigia, il resto arriverà. Quell’uomo torna a casa, l’eterno sogno di tutti gli emigranti .

A lui, migrante del duemila, piace di più pensarsi con termini diversi, parole che si associano alla gloria, forse all’eternità.

“Mission”, mandato: erano state queste le parole usate da chi lo aveva inviato, per rivestire di una solennità quasi religiosa una lontananza che presto avrebbe potuto trasformarsi in vuoto.

Gli avevano affidato un compito difficile, che a tratti si era rivelato tanto impervio da indurre i più a ritenerlo impossibile.

La stessa partenza era stata piena di ostacoli; i cattivi auspici sembravano accompagnarlo, come in certe battaglie descritte dai latini.

Come un naufrago si era aggrappato alle poche masserizie familiari, ai pochi compagni rimasti con lui.

Le brevi ore strappate a quel duro lavoro di ricostruzione di ciò che sembrava distrutto, le passava alla ricerca di qualcosa di indefinito:sapori, rumori, profumi.

Qualsiasi cosa potesse ricordargli che in un posto lontano c’era qualcuno che lo aspettava.

Qualcosa che rendesse meno dolorosa la nostalgia, meno bruciante la sensazione di combattere da solo una battaglia in luoghi aspri, improponibili.

Gli tornavano alla mente nomi letterari, Alamein, il comandante Rommel, la volpe del deserto.

Poi, aveva scoperto di non essere solo.

Il terreno non era più così ostile, aveva trovato nuovi compagni d’armi.

Compagni desiderosi come lui di vittoria, forse perché era in gioco l’onore della loro stessa patria.

Insieme avevano combattuto e vinto.

Ora la missione è finita.

Torna a casa, avvolto dall’aura di luce riservata agli eroi.

Ma pensa a tutto ciò che verrà dopo.

Fischietta una vecchia, amata canzone, una canzone di nomadi.

Una canzone della sua giovinezza: parla di un uomo che torna dall’esilio, come lui.

Sente di condividere lo stesso destino cantato in quei pochi versi: ritrovare il posto nella sua terra.

Il racconto è di Sara Valoti

Il brano di prosa richiama i suoni e l’armonia delle vecchie ballate. Pur non presentando la struttura classica del racconto, è suggestivo. L’argomento toccato è trattato con sensibilità ed eleganza.

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Pubblicato da Maura Puccini

La gente che piace a me si trova sempre sparsa qua e là; sono dei solitari... solo che si riconoscono non appena si trovano assieme

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