Storytelling ovvero…

OUATSketch-640x480Cos’è lo storytelling?

Lo storytelling è una modalità di pensiero e di comunicazione dell’essere umano. Esso è presente in tutti quegli ambiti in cui avviene un’interazione tra le persone

Lo storytelling è ormai pervasivo della vita umana, sia la nostra vita personale che quella di lavoro, perché la nostra realtà ha una struttura discorsiva. Ma lo storytelling non è solo un raccontare storie. È molto di più. È una disciplina e un metodo di lavoro.

Afferma Andrea Fontana, uno dei massimi conoscitori del corporate storytelling.

Lo storytelling, sia nella sua accezione letteraria sia in quella aziendale o corporate, è una struttura interpretativa della realtà; rimanda al mito, la forma di sapere più antica che l’uomo abbia mai conosciuto, in cui l’indagine sulla realtà si esplica attraverso il racconto con un approccio disvelante ( Heidegger) che altri tipi di indagine, come quella scientifica, per esempio non hanno.

Nel mito, nel racconto mitico, la verità si svela attraverso un processo dinamico. Il raccontare è un atto che racchiude un approccio conoscitivo particolare, un approccio cioè che permette di accedere alla conoscenza in modo graduale e dinamico.

Fare storytelling significa sfruttare il canale della narrazione, la forma più comunicativa e più antica, come abbiamo affermato, per veicolare contenuti e messaggi in modo emotivamente coinvolgente.

Secondo Luisa Carrada le storie sono:

Le uniche che dalla notte dei tempi sanno unire informazioni, conoscenza, saggezza, emozioni, cura di sé e degli altri (…) Ci sono state civiltà che hanno ignorato la ruota, ma nessuna che non abbia conosciuto le storie – Il mestiere di scrivere

Raccontare storie efficaci, fare storytelling, non è immediato, né semplice. Dobbiamo tenere conto di alcuni ingredienti  da rispettare, vediamoli insieme:

  • Fiducia – Il narratore deve infondere nel proprio interlocutore la fiducia che ciò che racconterà è meritevole di essere ascoltato. Questo aspetto è fondamentale per garantire la buona riuscita della sua azione di storytelling.
  • Emozioni – Le storie devono coinvolgere emotivamente, devono toccare le corde interiori e farle vibrare. Grandi narrazioni si basano su grandi emozioni. Se si vuole raccontare non si può trascurare l’abc emotivo: conflitti, soluzioni, tensioni, misteri e rivelazioni.
  • Relazione – Il  destinatario della narrazione ha bisogno di identificazione e cercherà immediatamente un personaggio in cui ritrovare se stesso. Questo passaggio permette al narratore di creare un rapporto speciale tra il proprio interlocutore e il personaggio della storia che racconta.
  • Semplicità – Una storia semplice non è una storia debole, al contrario può diventare potente. Togliamo tutto ciò che non serve alla narrazione: eventi meno importanti , personaggi minori non incisivi, menzioni di luoghi non fondamentali.
  • Personale – Il destinatario dà alla storia una propria interpretazione. Il narratore ne può indicare la struttura,  suggerire dei riferimenti, ma  deve lasciare alle persone la libertà di applicare una propria morale della favola.
  • Familiare – Le nuove storie subiscono il confronto con quelle che già conosciute e collaudate. Storie diverse possono condividere una certa familiarità anzi, uno sviluppo riconoscibile, le renderà più familiari e facili da inquadrare.
  • Immersione – A volte il destinatario si immerge completamente in una storia, vive le esperienze raccontate in prima persona e condivide emotivamente la sorte  del personaggio principale. Quando accade, si è  buoni storyteller.

A cosa serve?

Lo storytelling funziona in due sensi, verso noi stessi e verso ciò che sta all’esterno:

  • è una particolare pratica che si utilizza come strumento di esplorazione, comprensione e relazione con se stessi;
  • è un mezzo di comunicazione che usiamo per relazionarci con l’altro e per esplorare e comprendere gli eventi esterni.

Le applicazioni concrete dello storytelling

Dalla definizione di storytelling e dagli ingredienti che servono per renderlo efficace, passiamo alle sue applicazioni concrete.  Prendiamo in esame le seguenti declinazioni che se ne fanno:

  • nella pedagogia lo storytelling assume la veste della fiaba, della favola, del romanzo e delle storie
  • nel marketing e in economia esso serve a narrare l’identità dell’azienda o di un prodotto e, oggi, si avvale dei principali mezzi di comunicazione innovativi per farlo;
  • in politica comunicare se stessi è essenziale e nei paesi anglosassoni la pratica dello storytelling è una strategia principe;
  • in campo medico si parla di “medicina narrativa” cioé della specifica finalità della scrittura come terapia del dolore psicofisico e della malattia.

Lo storytelling pedagogico

Ma in che modo la narrazione acquista un valore pedagogico? Partiamo dal fatto che si può imparare mediante tre forme di esperienza:

  • l’esperienza diretta, che si collega all’azione diretta e che ci permette di avere informazioni sensoriali dalla realtà;
  • l’esperienza mediata, che avviene per mezzo di modelli educativi quando non apprendiamo in modo autonomo o conoscendo direttamente i risultati;
  • l’esperienza mediata dall’informazione codificata simbolicamente, trasmessa attraverso media come la parola scritta o parlata: il linguaggio.

Il bambino comincia ad apprendere dalla primissima età già attraverso la fiaba. Questa rappresenta il precursore naturale di ogni racconto e contiene tutti gli elementi tipici del narrare che si costituiranno successivamente in forma più complessa e completa nel romanzo. La fiaba permette, in primo luogo, di «trattenere il fiato di fronte ad un evento che si vorrebbe evitare».

Questo ‘trattenere il fiato’, presentato nella narrazione della fiaba, permette al bambino di sospendere qualsiasi reazione improvvisata, senza preparazione. Il bambino, gradualmente, non agirà più d’istinto perché ha già ricevuto informazioni su quella esperienza, attraverso il linguaggio.

 

Quale valore  viene riconosciuto alla fiaba nella nostra società?

In un mondo in cui il disincanto prevale sulla meraviglia e lo stupore, la fiaba ha perso la sua antica importanza ed è ormai trascurata. La famiglia e gli educatori si dimenticano facilmente dell’importanza della fiaba nel percorso pedagogico dell’infanzia  e dell’adolescenza.  La paura del ridicolo, la precoce intellettualizzazione favorita dalla scuola  e la riprovazione con cui il gruppo  bolla la fantasia come attività inutile, forse sono le cause del declassamento  del valore della fiaba. Non è un caso, forse, che le le nuove generazioni hanno perso la portata educativa delle fiabe e delle favole e hanno maturato un senso di smarrimento di fronte alla sofferenza e alle difficoltà della vita.

In conclusione

Lo storytelling, con le implicazioni e le finalità che abbiamo cercato di mettere in luce, sperando di non avervi annoiato troppo, è un’abilità che i narratori e gli autori usano persino inconsapevolmente. Narrare storie può incidere sul vissuto degli altri, non è un’attività neutra,  educa a comportamenti e veicola significati; saperlo è una prospettiva su cui riflettere e a cui dare la giusta importanza. Cosa ne pensate? Voi come coltivate il fascino del raccontare storie? Vi definireste appassionati “contastorie”?

Gli approfondimenti presenti nell’articolo sono ispirati ed elaborati da www.mezzopieno  e da mysocialweb

 

Views All Time
Views All Time
Views Today
Views Today
Avatar for Maura Puccini

Pubblicato da Maura Puccini

La gente che piace a me si trova sempre sparsa qua e là; sono dei solitari... solo che si riconoscono non appena si trovano assieme

8 Risposte a “Storytelling ovvero…”

  1. Mi ha molto interessato questo approfondimento sullo storytelling! E’ questa una parola troppo inflazionata sul web. Viene spesso interpretata come licenza e permesso di parlare a ruota libera senza curarsi di quanto questo possa essere interessante per gli altri! Non è questo il significato di storytelling…Ho trovato in questo articolo di Rosalia linee guida molto precise per quanto riguarda la narrazione ed i dettami a cui attenersi per non tediare i lettori.
    Nelle ultime ore Umberto Eco ha sollevato parecchie polemiche sul web a causa del suo intervento all’Università degli Studi di Torino, ateneo che ha conferito al semiologo la Lau­rea Hono­ris Causa in Comu­ni­ca­zione e Cul­ture dei Media: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli – aveva detto Eco – Che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Eco è stato molto criticato per le sue parole che trovo molto interessanti e utili spunti di riflessione…Voi che ne pensate?

  2. Condivido Cristiana, per quanto possa essere scomoda, quella
    di Eco è una verità che vale la pena di approfondire. L’invasione
    degli imbecilli sul Web è un fenomeno debordante forse perché
    l’urgenza di comunicare sembra prioritaria rispetto ai contenuti.
    Grazie per il tuo intervento. ^_^

      1. Non so se conosci il saggio di Debord “La società dello spettacolo”;
        è incredibile come alcuni aspetti pronosticati allora si siano
        realizzati.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.