“The sky of Dublin” racconto

cliffs-irlandatRaymond aveva ricevuto la mail di Brian il giorno del suo quarantesimo compleanno. Per farsi un regalo insolito aveva deciso di raggiungerlo a Dublino. Da tempo desiderava andarci, da quando in una cartolina aveva scoperto che il cielo d’Irlanda non era del colore scialbo che aveva sopra la testa. Il cielo di Dublino conteneva tutta la gamma delle sfumature di blu: roba da lasciare di stucco.
Ritrovò il sorriso dell’amico d’infanzia, ma non i suoi occhi da rapace; essi erano spenti come due fari a cui avessero tolto la corrente.
«È stato un anno terribile, vederla in quello stato… non riesco a dimenticarla.»
«Non dire niente. Non c’è bisogno. Riesco a sentire l’abisso di dolore che hai dentro»
La frenesia armonica dei dublinesi gli sembrò totalmente diversa da quella subumana a cui assisteva ogni giorno. La gente di Dublino camminava con un ritmo cadenzato e si guardava in volto. I loro occhi, incrociandosi, sembravano riconoscersi. Niente a che vedere con Los Angeles, abitata ormai da un’orda di manichini metafisici e di donne pantera pronte ad azzannare la preda. Un brivido lo percorse, doveva fuggire da quel posto, prima di subire l’ineluttabile mutazione.
Finirono al Pub sotto l’appartamento da single di Brian, due doppi whisky al malto, roba forte, considerando che erano solo le quattro del pomeriggio. C’era ancora una mezza giornata davanti per ubriacarsi. Ce l’avrebbe fatta. Raymond pensò che il problema dell’alcool andava risolto come molte altre cose della sua vita. Era ormai chiaro a tutti, a lui per primo, che fosse un alcolizzato cronico.
«Quante ore riesci a stare sobrio?»
«Poche. Non arrivo all’ora di pranzo.»
«Cosa pensi di fare?»
«Uscirne. Il mio editore ha minacciato di recidere il contratto.»
«Dicevi che l’alcool ti rende creativo.»
«Stronzate che si dicono. La mia scrittura è pietosa. Devo smettere prima che sia troppo tardi.»
«Ne hai preso atto, è già un bel punto di partenza.»
« Il problema è arrivare in fondo. Non ho idea di cosa mi aspetti. Sono terrorizzato.»
«Non piangerti addosso Ray. Dovrai lottare come un leone o niente. Se vuoi, io ci sono.»
« Non ti basta lo strazio di aver visto morire Liz? Non sono qui per esserti di peso.»
«Giusto… perché sei qui? Hai sempre detto che l’Irlanda ti faceva schifo.»
«Altra stronzata. È qui che vorrei vivere, non c’è dubbio.»
«Perché?»
«Non darmi il tormento! Voglio ritrovare me stesso nei tuoi occhi amici. Ti basta?»
«Quale dei Raymond vuoi ritrovare? Lo scrittore di successo che si è perso in fondo al bicchiere? O quello che faceva a botte alle feste? Quello timido e taciturno o quello che parlava a ruota subito dopo una vodka?»
«A crudeltà non scherzi. Nessuno di quelli lì. Vorrei ritrovare la mia innocenza e poter guardare di nuovo il mondo con occhi stupiti.»
«Ok. Sei nel posto giusto.»
Raymond buttò giù il terzo doppio whisky e il tepore alcolico lo rese malinconico. Lo sguardo gli si annacquò. Si girò intorno, quel posto non era certo adatto a smettere di bere. Tutti erano lì a tracannare come matti, ed erano solo le cinque del pomeriggio.
«Devi impedirmi di venire in simili posti. Mi aiuterai?»
«Sicuro. Andiamo a fare un giro.»
La baia di Dublino conteneva l’atmosfera epica dei romanzi di Scott. Il mare ruggiva, sbavando rabbioso sulla scogliera e cercando di azzannare le gambe dei due amici.
«Cosa salveresti di te oggi?»
«Non molto. Il coraggio.»
«Aggrappati a quello e vieni in superficie Ray. Le profondità non fanno per te.»
«Ho smarrito la strada. Ho solo vicoli e vicoletti davanti, intricati e bui.»
«Sono gli alibi che ti crei per rimanere lì inchiodato.»
«Forse dovrei smettere di crederci e lasciarmi andare.»
«Hai parlato di coraggio o mi sbaglio?»
«Sì, in qualche angolo non ho ancora smesso di sperare.»
«Non smettere. Trascina la tua vita in salvo.»
Il vento ululò uno strano mantra, qualcosa che aveva a che fare con gli incubi notturni di Ray.
«La natura in Irlanda è fiera e sanguinaria. Fa paura.»
«Sì, ti mette al tuo posto. Ti fa capire di che pasta siamo fatti: un niente su due gambe.»
«Ho bisogno di questo, di spogliarmi, di scucire le maschere che ho messo una sopra l’altra per nascondere il terrore di vivere. E ritrovare Ray, quello vero. »
«Comincia allora. Sei pronto? Potrebbe non piacerti quello a cui assisterai.»
«L’alternativa è la fine.»
«Bene amico, direi che ci siamo. Hai toccato il fondo. Ora puoi risalire.»
La bocca famelica di un’onda lambì i piedi di Raymond. Non gliela avrebbe data vinta al demone che era dentro di lui.

 

770 parole

#racconto #scrivere racconti

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Pubblicato da Maura Puccini

La gente che piace a me si trova sempre sparsa qua e là; sono dei solitari... solo che si riconoscono non appena si trovano assieme

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