Come rispettare il patto narrativo

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Quando scriviamo una storia, stringiamo una sorta di accordo implicito con il lettore, cioé il patto narrativo. I termini di tale accordo sono espressi nella parte iniziale del nostro lavoro e nel momento in cui il lettore lo sottoscrive, cioè continua a leggere la storia che gli abbiamo sottoposto, si aspetta che lo rispettiamo.

H. Grosser definisce il patto narrativo un accordo per cui il lettore compie una parziale e momentanea sospensione delle facoltà critiche e accetta come se fosse vera una storia che sa in larga e diversa misura una storia fittizia. Della serie “Non è vero, ma ci credo.”

La verosimiglianza è l’elemento che rende una storia plausibile, non necessariamente vera; sulla verosimiglianza si determina la credibilità del narratore.  Al contrario, l’inverosimiglianza rompe il patto narrativo e mina la stessa credibilità dell’autore.

Pensate che anche un romanzo come Il fu Mattia Pascal di Pirandello, alla sua uscita, fu accusato di inverosimiglianza. Pirandello, consapevole di tradire una regola radicata come quella della verosimiglianza, pubblicò una postilla al romanzo in cui citava il fatto di cronaca al quale si era ispirato. Eppure i suoi critici avevano ragione e cioè la verità di un fatto non ne assicura la verosimiglianza, in quanto il possibile non è sempre credibile.

La verosimiglianza, nella pratica narrativa, dipende direttamente del patto narrativo che abbiamo stipulato all’inizio della storia, ovvero dalle relazioni che il fatto raccontato instaura col mondo empirico del lettore, il quale deve potersi immedesimare nella vicenda proposta per accettarla fino in fondo. Umberto Eco sostiene che l’autore, al momento del patto narrativo, stabilisce questo: «Voi non credete a quello che vi racconto e io so che voi non ci credete, ma una volta stabilito questo, seguitemi con buona volontà cooperativa, come se io stessi dicendovi la verità».

Come in ogni accordo che si rispetti, anche il patto narrativo ha le sue regole o per  meglio dire delle clausole da rispettare.

Ne ho individuate alcune ma aspetto da voi, cari lettori, che ne troviate altre. Confermo ciò che ho già detto in precedenza: gli articoli che propongo hanno lo scopo di farci crescere insieme, perché io non ho niente da insegnare a nessuno, al contrario, ho tutto da imparare.

Intanto ve ne propongo cinque, analizziamole insieme.

Prima clausola: portare a termine quello che abbiamo iniziato. La promessa iniziale va mantenuta: il lettore si aspetta di conoscere, nel prosieguo della storia, come si evolveranno le sorti dei personaggi,  la risoluzione di uno o più conflitti o le conseguenze del fatto principale. Le digressioni sono accettate solo se non risultano stratagemmi per eludere la promessa iniziale.

Seconda clausola: non includere nella storia elementi gratuiti. Se introduciamo una nuova situazione, facciamolo nel rispetto della storia  e non gratuitamente. Per evitare di mettere elementi non necessari, è fondamentale soffermarsi di tanto in tanto e verificare che la trama non ci abbia preso la mano, portandoci lontano da quanto enunciato inizialmente.

Terza clausola: rispetto assoluto dell’ambientazione. Ogni epoca ha regole di vita proprie, un determinato codice linguistico e modalità di relazione particolari. Prima di avventurarci in ambientazioni storiche, dovremmo conoscere a fondo  ogni aspetto. Un linguaggio sciatto, le accezioni gergali o l’uso del turpiloquio, per esempio, sono inverosimili in un’ambientazione settecentesca. Il lettore, è meglio ricordarlo, potrebbe essere ferratissimo sull’argomento e a quel punto si sentirebbe tradito.

Questo vale anche per l’ambientazione geografica, naturalmente. L’amore per l’esotico spesso può condurre a creare ambientazioni troppo lontane dal proprio vissuto. Raccontare luoghi mai visti regala all’autore un’elettrizzante sensazione di  libertà, altresì può essere terreno fertile di sviste e banalità che i lettori esigenti giudicheranno imperdonabili.

Quarta clausola: ricordare che i personaggi non sono super eroi. La vita vera di ciascuno di noi è fatta di momenti felici, altri dolorosi, ma per la maggior parte, di eventi di normale amministrazione. Diventa inverosimile far vivere i nostri personaggi sul filo costante della tensione, riempendo le loro vite di miriadi di fatti drammatici o, al contrario, di innumerevoli momenti di pura felicità. Mi viene in mente la trama di una soap molto famosa, in cui ogni personaggio vive la vita di trecento persone reali e affronta prove che metterebbero al tappeto un elefante, tutto con assoluta levità. Inverosimile.

Quinta clausola: scrivere storie che vorremmo leggere. Questa clausola pare scontata, ma non lo è. Molti autori affermano di scrivere per sé e non per un potenziale lettore e già ho espresso cosa penso di questa considerazione (qui). Se anche fosse così, in fase di revisione, il nostro IO lettore è in grado di affermare che l’IO scrittore ha creato un immaginario possibile? Se no, dovremmo avere il coraggio di riscrivere e ancora riscrivere, fino a che non ci sentiamo soddisfatti fin nel profondo che ciò che la nostra mente ha creato, è quello che vorremmo leggere.

bilanciaUn’ultima considerazione. Il patto narrativo, talvolta, è un gioco di equilibri tra l’accordo iniziale e i colpi di scena che desideriamo introdurre. Non dimentichiamo che creare storie dall’epilogo scontato, se da una parte risponde alle attese del lettore, dall’altra però smorza il suo desiderio di andare in fondo alla storia. E su questo filo sottile si gioca tutto.

E voi cosa ne pensate del Patto narrativo? Avete altre clausole da aggiungere?   

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Pubblicato da Maura Puccini

La gente che piace a me si trova sempre sparsa qua e là; sono dei solitari... solo che si riconoscono non appena si trovano assieme

8 Risposte a “Come rispettare il patto narrativo”

  1. Per rispettare in modo adeguato il patto con il lettore, uno scrittore deve sapersi porre in equilibrio fra verosimile e straordinario: è vero che occorre prestar fede a canoni di realismo, ma senza cadere nel “piattume” e nella mediocrità. I nostri personaggi qualcosa di speciale devono anche averlo, per quanto le loro gesta possano essere antieroiche…

    1. Sì, è un gioco di equilibri . Vero il concetto che i nostri personaggi devono colpire
      l’immaginazione senza per questo avere alcunché di eroico. Grazie per aver precisato
      meglio ^_^

  2. Il patto con il lettore secondo me è una questione più difficile di quanto sembri. Sono d’accordo con i punti che hai evidenziato, essenziali per una buona storia e niente affatto scontati quando si scrive. Aggiungerei il problema del finale, anche perché mi ci sono confrontata tempo fa. Anche la conclusione dovrebbe essere in armonia con le promesse fatte all’inizio della storia e nel suo sviluppo. E non è facile!

  3. Concordo su tutti i punti, e aggiungo l’attenzione alla coerenza, nei dettagli pratici ma soprattutto nelle azioni e reazioni dei personaggi, che devono essere sensate nel contesto e preparate in modo adeguato. Quando tutto succede troppo bruscamente o con troppa enfasi, si sente subito la mano dell’autore, e il sogno narrativo svanisce.

    1. Grazie per averlo messo in luce. A me è capitato di dover cambiare una parte del romanzo che sto rielaborando proprio per aver fatto cambiare troppo repentinamente l’atteggiamento della protagonista.

  4. Rosalia, mi piace molto il nuovo look del blog, una grafica pulita, facilmente navigabile, user friendly, non stanca gli occhi (e per me è molto importante). Sempre molto interessante il contenuto!
    Mi interessa sapere il Tuo parere sulla modalità di scrittura dei testi: è differente scrivere per la carta stampata o per il web?

    1. Grazie Cristiana. Il tuo passaggio è sempre molto gradito. Anche questa volta,
      e di questo ti ringrazio, mi hai suggerito un argomento da approfondire. Lo
      farò a breve con un nuovo post. Intanto potresti leggere l’articolo che trattava della comunicazione sul web, dal titolo:
      “scrivere per il blog” Ciao :))

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